Stavo preparando i giochi e gli esercizi per i bambini iscritti alla Impro Summer School della scuola di improvvisazione teatrale di cui faccio parte, Teatribù di Milano.
L’attività che ho proposto si chiama Ento-Impro: improvvisazione teatrale a partire dall’esplorazione entomologica.
L’idea è semplice: muniti di taccuini, matite, lenti di ingrandimento e macchina fotografica, si esplora un ambiente (meglio se naturale, ma anche una cantina, va bene) alla ricerca dei suoi più piccoli abitanti visibili (no germi, no virus).
Si prendono appunti, mentali, scritti o disegnati, si raccolgono pezzi (il vestito usato di una cicala) per trovare spunti e suggestioni da usare poi nei giochi di improvvisazione teatrale.
Si interpretano gli animali scoperti durante l’esplorazione, si inventano linguaggi di scorpione, i corpi strisciano bruchescamente a terra, la vespa si azzuffa con il ragno e nascono le improvvisazioni.
Con un barattolo vuoto si può fare il gioco del professore che cattura un insetto, chiedendo ad un bambino fuori scena di interpretare la voce dell’insetto e invitando l’attore che impersona lo scienziato all’interazione con il personaggio invisibile.
Il gioco dell’insetto nel barattolo è una elaborazione del gioco della piccola voce la cui spiegazione si trova in questo articolo.
Nel cercare qualche suggerimento su Internet, mi sono imbattuto in una parola mai sentita prima, anche se il concetto che sintetizza mi aveva già affascinato tempo fa: la stigmergia o stigmetria.
Le fantomatiche “linee di Gomer”
Nel 2013 ero direttore artistico del festiva di Arte e Scienza per la sostenibilità H-drà, intitolato “… per un futuro indedito” e il tema dell’anno era legato alle risorse rinnovabili.
Tra l’altro, la citazione che accoglieva il visitatore della home page diceva:
“Il futuro non è un posto dove stiamo andando, ma un posto che stiamo creando”.
Nancy Duarte
Parlando con una formatrice, mentre preparavamo la sala per un’attività del festival, ho capito male quello che mi stava dicendo e ho inteso che facesse riferimento a delle fantomatiche “linee di Gomer“.
Solitamente prendo molto sul serio le “sviste uditive” (errore sinestetico) e le ho spiegato che il professor Gomer, emerito scienziato statunitense, aveva applicato alle relazioni umane, la dinamica con la quale le formiche, tramite feromoni, tracciano le vie di ricerca del cibo.
Era una battuta, ma suonava plausibile (infatti la formatrice l’ha presa sul serio e mi ha chiesto ulteriori informazioni) e ho subito pensato a tutte quelle situazioni in cui le persone si trovano in coda per qualche motivo:
- sulle autostrade per andare in vacanza;
- agli sportelli dei servizi pubblici;
- fuori dai negozi quando viene lanciato un nuovo prodotto;
- al supermercato;
- davanti a due ristoranti cercando di capire quale sia il migliore in base al numero di persone presenti;
- ecc.
Il concetto non è applicabile solo alle file di persone, può essere esteso a tutte le attività che gli esseri umani svolgono in gruppo, sia in presenza, che in modo più diffuso.
Mi spiego meglio.
Un esempio di stigmetria è nell’attività di compilazione di Wikipedia. Nel 2015 Wikipedia contava 55 milioni di utenti registrati, questo vuol dire un popolo di “formiche informatiche” che tracciano linee di conoscenza passando e ripassando ripetutamente sui termini, aggiungendo, ampliando, modificando, migliorando le voci contenute nella famosa enciclopedia virtuale.
Il mondo del software Open Source funziona nello stesso modo: il codice dei programmi è di libero accesso, questo vuol dire che i programmatori possono collaborare estemporaneamente per migliorare il funzionamento dell’applicazione.
Ogni volta che passa un programmatore e aggiunge o migliora un pezzo di codice, è come una formica che rimarca la strada, in modo che le successive trovino facilmente la via migliore.
La cosa straordinaria è che non c’è bisogno di un capo che indichi la strada. Certo ci sarà una formica pioniera che arriverà per prima, ma non conduce dietro di sé un esercito di formiche pronte a “scatenare l’inferno” al suo comando.
Ogni formica si basa sull’intensità dei feromoni trovati sulla strada, ogni individuo adatta il proprio comportamento alle variabili che incontra nell’ambiente circostante (e questa è una definizione di improvvisazione).
Educare alla collaborazione: la scuola delle termiti
Il termitaio al quale la ragazza della foto sta appoggiata, non è stato realizzato in base ad un progetto di Gaudì (chiedo scusa, ma, ora che mi viene in mente vado a vedere se c’è un legame tra l’opera di Gaudì e i termitai… ecco, se vuoi dare un’occhiata anche tu all’Incredibile cattedrale costruita dalle Térmiti poi, però, torna a finire di leggere l’articolo, per favore, che mi interessano i tuoi commenti).
Le termiti collaborano secondo un principio simile alla swarm intelligence, l‘intelligenza dello sciame, nell’ambito di quella parola strana da cui è partito il mio discorso: la stigmergia.
Migliaia di individui operano come un superorganismo.
Improvvisazione teatrale stigmergica
È, più o meno, quello che succede con un gruppo di attori che lavorano in improvvisazione teatrale, quando, in conseguenza di un continuo allenamento e del livello professionale raggiunto, riescono ad incarnare la spontaneità.
Non c’è un drammaturgo che scrive un copione da seguire, più o meno fedelmente.
Non c’è un regista che prende decisioni per la messa in scena.
Non ci sono attori che devono studiare a memoria una parte e provare e riprovare insieme agli altri, fino ad arrivare alla naturalezza della rappresentazione.
Il risultato finale, lo spettacolo completamente improvvisato a partire da una parola del pubblico, l’impresa di collaborazione della squadra di attori, è frutto di una funzione di coordinamento maturata dal gruppo e ben condivisa.
I primi che entrano in scena segnano le tracce narrative, sulle quali gli altri attori passeranno e ripasseranno, costruendo, un pezzetto alla volta, la storia, sviluppando un’architettura simultanea.
Certo, le termiti ce l’hanno scritto nel DNA e agiscono senza la comprensione di quello che fanno, per loro è più facile.
Sembra quasi lo stato in cui si riesce meglio ad improvvisare, quando non si pensa troppo alle cose e si cerca di reagire immediatamente a tutti gli stimoli della scena.
Per il bambino è un processo naturale che va sviluppato e difeso dalle istanze culturali basate sulla competizione e sull’individualismo e che dipende molto dai modelli relazionali e culturali con i quali viene in contatto.
Per l’adulto, che non vi sia più abituato, è una dinamica che può essere risvegliata e mantenuta in allenamento, con grande fatica (altrimenti i giochi e gli esercizi di improvvisazione verrebbero subito, al primo colpo e non ci sarebbero tante persone impegnate nella ricerca di mindfulness).
Imparare, crescere come un superorganismo
Ecco come l’improvvisazione teatrale supporta l’educazione, proponendo un allenamento alla collaborazione, basata sull’ascolto dell’altro e sul migliorare le proposte altrui, senza bisogno di un conduttore o meglio, conducendosi a vicenda.
A scuola, come in ogni altro contesto educativo, i percorsi di apprendimento e di crescita non possono essere frutto di un passaggio nozionistico unidirezionale, dalla cattedra ai banchi, dai libri al cervello, da chi ha studiato a chi deve imparare.
I più esperti accompagnano i meno esperti, lasciando aperta la possibilità dello scambio e la possibilità di poter sempre trovare una nuova prospettiva.
La conoscenza, la cultura, l’intelligenza, hanno un livello collettivo, trovano l’espressione migliore nello scambio, nel genio del gruppo, per dirla con Keith Sawyer.
Le più grandi invenzioni del mondo non sono mai state frutto di un unico geniale inventore.
Sono il risultato del passaggio (fatto anche di errori e casualità) di innumerevoli intelligenze, sensibilità e creatività negli snodi del sapere e della ricerca, dove ogni ritorno ha lasciato nuove possibilità e nuove direzioni.
Allora, forse, dobbiamo continuare a tracciare sempre più linee di Gomer che indichino la strada per collaborare e per creare insieme un futuro migliore.
Nessuna termite si avvicina al termitaio per distruggerlo. La pallina di fango che una appoggia di fianco alla precedente, serve per costruire un complesso sistema di areazione che permetta alla struttura di “respirare”.
Siamo in tempo di Coronavirus e il tema del respirare, per le persone, dietro una mascherina o in un reparto di terapia intensiva, come per il nostro pianeta, è particolarmente sensibile.
Le termiti operano in base ad una “conoscenza senza comprensione”, non hanno l’idea della grande impresa che stanno compiendo.
Per noi è diverso, più faticoso, per noi è questione di consapevolezza e di scelta.
Ecco, perché quest’anno, ho scelto di iscrivere i miei figli alla scuola delle termiti.
Per approfondire le possibilità di lavoro con l’improvvisazione teatrale in classe puoi leggere l’articolo Educare all’improvviso, contenuto in questo blog, e dare un’occhiata al mio libro “Improvviso Educativo, per una didattica reidratante”.
Rimando a questo articolo “Le termiti: insetti molto intelligenti e anche… utili” per chi fosse interessato ad altre info sulla vita delle termiti.
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